San Stè, delizia nascosta, anche la Liguria può vantare un grande formaggio tra i suoi prodotti tipici.
La Liguria, circondata dalle eccellenze del Piemonte e della Lombardia, non è tradizionalmente considerata regione di grandi formaggi. C’è però una notevole eccezione: è il San Stè, tipico prodotto caseario della Val d’Aveto dal sapore molto caratteristico e che si sta facendo sempre più apprezzare sulle tavole degli italiani. Da sempre Santo Stefano d’Aveto, località montana in provincia di Genova quasi al confine con l’Emilia Romagna, basa la sua economia su questo formaggio la cui preparazione si è tramandata nei secoli, grazie ai fertili pascoli della valle che garantiscono un latte di qualità molto alta; nel diciannovesimo secolo le pregiate forme di San Stè venivano addirittura utilizzate come merce di scambio con i prodotti della Riviera, tra i quali spiccava il prezioso olio d’oliva del Chiavarese. Con il passare del tempo, tante famiglie hanno abbandonato la produzione del formaggio in favore della più redditizia vendita diretta del latte; fortunatamente negli anni Novanta c’è stata una considerevole impennata di imprenditori, spesso molto giovani, che visto il momento favorevole per le tipicità enogastronomiche italiane hanno voluto puntare su un prodotto tanto inusuale per la Liguria quanto delizioso.
Tutti i segreti di un formaggio unico
Il San Stè è un formaggio grasso, a pasta semicotta, oggi di latte vaccino (a differenza del passato: fino al diciassettesimo secolo, infatti, la maggioranza dei capi di bestiame era costituita da capre). Le razze di bovino più indicate per la sua produzione sono la Cabannina, Bruna e Meticcia, con alcuni esemplari di pezzata rossa. Le forme, regolarmente cilindriche, hanno un peso medio che va dai tre ai diciotto chili; la stagionatura dura almeno due mesi e per la coagulazione sono necessarie due ore e il lavoro continuo di altrettante persone. Il formaggio coagulato, privato del siero, viene messo sotto torchio per qualche giorno e poi salato a secco. La stagionatura avviene in locali di cantina caratterizzati da un umidità di almeno 60%, meglio ancora se sulle tipiche lastre d’ardesia che, a detta degli anziani, sono uno dei segreti del suo sapore particolare.
Il sapore? Un grande solista
Sei e otto mesi sono necessari rispettivamente perché il formaggio possa assumere la dicitura di semistagionato e stagionato; il colore della crosta, non troppo spessa e commestibile, va dal giallo chiaro-paglierino delle forme più fresche al nocciola di quelle più stagionate. Allo stesso modo la pasta passa da un avorio chiaro a un giallo molto intenso, con i fori (la cosiddetta “occhiatura”) molto piccoli e regolari. Specialmente i formaggi più giovani hanno un particolare profumo selvatico, di erba fresca e umida, ma la vera particolarità del San Stè è il suo sapore che mischia sapientemente note acide con altre dolci, rendendolo una specialità ideale se gustata da sola ma che non sfigura affatto con un vino rosato, o ancora meglio con un Rosso “Golfo del Tigullio”.
Val d’Aveto, non solo San Stè
Santo Stefano d’Aveto, però, non si limita alla sua delizia più famosa. Tipici della zona sono infatti la ricotta freschissima, direttamente preparata e offerta ai golosi nelle sagre di paese, e quella più stagionata che un tempo veniva anche affumicata, il cosiddetto sarazzo. In tutta la zona del Parco Naturale Regionale dell’Aveto sono imperdibili anche la torta baciocca (preparata con le succulente patate quarantine) e il prebugiùn a base di cavoli, patate ed erbette di campo, che secondo alcuni prende il suo nome dal condottiero Goffredo di Buglione. E per chi preferisce il dolce? Niente paura, la torta pinolata, i canestrelli e le rotelle della vicina Borzonasca sono pronte per deliziare il pelato di tutti i turisti alla scoperta di quest’angolo incantato di Liguria.